L’esperienza diventa limitante della creatività nel momento che assurge a paradigma. Come la visione Kuhniana dell’esperienza ci insegna essa è tendenzialmente bloccante, in quanto è persistente, non può essere messa in discussione e si tramanda di generazione in generazione.
Inoltre, come mai molte persone particolarmente intelligenti, spesso, non ottengono risultati brillanti nella vita di relazione?
Ampliando il concetto, dobbiamo renderci conto che le decisioni che operiamo nella nostra vita quotidiana sono governate, come già detto, da emozioni. E l’emozione deve essere prima di tutto energia creativa, perché poi è da essa che si può generare l’innovazione. Quindi, il primo aspetto per provare ad essere creativi, e quindi innovare, è quello di essere autoconsapevoli del nostro ruolo.
Ricapitolando: l’esperienza non è un killer dell’innovazione, quando si mette al servizio della ricerca e della sana curiosità, mentre l’intelligenza logico-deduttiva non è un killer dell’innovazione, quando si pone al servizio dell’intelligenza emotiva, esaltandone le sue peculiarità.
È conveniente, stimola l’intelletto e allena il cervello, ci emoziona a livello spirituale e, di conseguenza ci fa stare meglio, anche da un punto di vista fisico.
Chiarito, in buona sostanza, cos’è l’innovazione, dobbiamo capire come applicarla alla nostra attività, per una più corretta e creativa gestione della clientela. Ecco, quindi, che è necessario indagare su come ricercare un metodo che faccia al nostro caso.
Senza fare voli pindarici e senza assumere comportamenti da innovatori di super aziende multinazionali, scegliamo un metodo di relativamente facile applicabilità, soprattutto per nuove e ancora piccole realtà aziendali: il “Metodo dei sei cappelli” di Edward De Bono.
L’autore (1933-2021) è considerato uno degli studiosi di primo piano nel campo del pensiero creativo. Egli afferma che, se si affronta un problema con il metodo razionale del pensiero, si ottengono risultati magari corretti, ma fortemente limitati dalla rigidità dei modelli logici. Bisogna, quindi, affiancare al nostro modo corrente di ragionare, basato sul pensiero verticale, le logiche laterali del pensiero creativo.
Non a caso, utilizzo la parola “logiche” perché, seppur si tratti di temi legati all’emisfero destro del nostro cervello, quello dell’istinto e del caos, è proprio la metodologia costruita per sfruttarne la potenza creativa che sta alla base di un processo di innovazione.
Il pensiero laterale è un insieme di tecniche che permette dopo un breve addestramento, che diventa, nel tempo, capacità quotidiana di iniziare a produrre una notevole quantità di idee che possono riguardare cambiamenti di ogni genere.
È un pensiero che cerca soluzioni a problemi complessi, attraverso metodi non ortodossi o usando elementi che, normalmente, verrebbero ignorati dal pensiero logico. Pensare lateralmente è un po’ come uscire dal nostro corpo ed iniziare a guardarlo da una prospettiva diversa.
Pensare, sostiene giustamente De Bono, è la massima risorsa delle persone, ma laddove non riusciamo a indirizzarlo nella migliore direzione, rischiamo di rimanere intrappolati nella “stanza della confusione”. Un esempio è quando tendiamo a pensare e fare troppe cose alla volta (il multitasking non è sempre funzionale alla nostra massima efficacia).
Ecco, quindi, che nasce l’idea: Sei cappelli per pensare, da cui un manuale pratico per ragionare con creatività ed efficacia. Edward De Bono pubblica nel 1985 questo breve, ma intenso, libro nel quale specifica che i sei cappelli ci consentono di dirigere il nostro pensiero proprio come fa il direttore di orchestra con i suoi musicisti nel golfo mistico.
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