Intelligenza Artificiale

Half-life, il vero volto dell’Onlife

“Joe tornò in cucina, pescò da una delle tasche una moneta da dieci centesimi e con essa mise in moto la macchina del caffè. Quindi provò a girare la maniglia del frigorifero per prendere un brick di latte. «Dieci cent, prego» gli disse il frigorifero. «Dieci cent per aprire il mio sportello; e cinque cent per prelevare la panna.»” – Philip Dick – Ubik, 1969

A cavallo tra il ventesimo ed il ventunesimo secolo Philip Dick e Luciano Floridi hanno esplorato, chi con la fantascienza chi con la filosofia, quel confine sempre più sottile che separa il mondo reale dalla vita digitale.

In particolare Luciano Floridi, professore di Etica dell’Informazione presso l’Università di Oxford, ha coniato il neologismo onlife per descrivere l’avvento di un’epoca in cui la vita di tutti i giorni andrà a fondersi con l’infosfera dei sistemi di comunicazione. I sistemi digitali diventeranno un’estensione del nostro corpo, la nostra coscienza si andrà a connettere con il flusso delle informazioni del mondo digitale decretando una vera e propria fusione tra reale e digitale. Secondo lo stesso Floridi, nel prossimo futuro non avrà alcun senso chiedersi se si è online o offline.

Il concetto di onlife presentato da Floridi appare come una conseguenza positiva della globalizzazione e consentirà alla società di evolvere e di maturare nuove straordinarie esperienze. L’unico vero grande problema, secondo Floridi, sarà rappresentato dal “divario digitale”: se molti potranno entrare in contatto e beneficiare del flusso costante di informazioni che è rappresentato dall’infosfera, qualcun altro rischierà di rimanerne scollegato, diventando vittima di nuove forme di discriminazione che s’insinueranno nel solco che separa “ricchi e poveri in informazione”.

Half-life vs Onlife

Il concetto di half-life compare per la prima volta in uno dei più visionari romanzi di fantascienza di Philip Dick: Ubik. Nel romanzo l’autore descrive il futuro in cui realtà e simulazione avrebbero finito col sovrapporsi diventando definitivamente indistinguibili.

Joe Chip, il protagonista del racconto, interagisce con gli elettrodomestici che, posizionati nella cucina del suo appartamento, erogano bevande e prodotti alimentari comportandosi come vecchi telefoni a gettoni.

La macchina del caffè e il frigorifero interagiscono con lui fornendo il proprio servizio solo in risposta a pagamenti in monete da pochi cent. Una metafora inquietante con la quale l’autore anticipa lucidamente un futuro in cui la proprietà privata avrebbe lasciato il posto ad una economia in grado di fornire alle persone tutto quanto fosse indispensabile per la loro sussistenza, attraverso micro-pagamenti ed altre forme di sottoscrizione.

onlife

Quando si parla di onlife si tende ad evidenziare gli aspetti più straordinari e innovativi della nuova rivoluzione digitale. Agli occhi della mia generazione, i vantaggi sono la cosa che più salta all’occhio dell’onlife; basti pensare a come un semplice abbonamento a Spotify consenta oggi alle persone di accedere ad un catalogo musicale fatto di milioni di brani per centinaia di migliaia di album, un’esperienza che fino agli anni ’90 era nei sogni di tutti noi amanti della musica.

L’immagine che Philip Dick restituisce del futuro, che per certi versi corrisponde già al nostro presente, passa attraverso uno sguardo meno entusiasta e certamente più critico e disincantato. Oggi infatti, come profetizzato da Dick, la proprietà degli strumenti tecnologici è sempre più spesso soppiantata da un’economia di servizi che non trascura di fornire gli strumenti tecnologici più diffusi mediante la sottoscrizione di un contratto di noleggio, talora persino vincolando l’acquirente all’acquisto delle materie prime necessarie per il loro funzionamento. Quindi non solo le automobili, i computer e gli smartphone, ma anche la semplice macchina per il caffè è spesso presente nelle nostre cucine a fronte di un contratto di comodato d’uso che contempla fornitura di cialde o caffé in grani (proprio come nella cucina di Joe Chip).

Internet non è un motore di cambiamento

Internet è la piattaforma su cui nascono e si sviluppano i servizi immateriali di cui usufruiscono tutti online. I servizi di streaming che hanno sostituito TV satellitari e via cavo. I vari Spotify, Apple Music, Amazon Music e perfino i servizi di geolocalizzazione, dai navigatori satellitari ai ai più recenti “tag” che ci aiutano a ritrovare l’auto nel parcheggio del centro commerciale. Financo i sistemi di videosorveglianza delle nostre case e i dispositivi per il monitoraggio della salute nei nostri cari. Ciascuno di questi strumenti è associato ad un servizio remoto a sua volta collegato ad un abbonamento coperto mediante una carta di credito che ne garantisce la continuità di servizio.

La smaterializzazione della proprietà e la sua sostituzione con strumenti a pagamento è il modo con cui Dick descrive con precisione assoluta l’economia del futuro, e questo molti anni prima della nascita di Internet e dei moderni sistemi di pagamento.

“Ella, bella e con la pelle chiara; i suoi occhi, nei giorni in cui erano stati aperti, avevano brillato di un azzurro luminoso. Questo non sarebbe più accaduto; lui poteva parlarle e sentirla rispondere; poteva comunicare con lei… ma non l’avrebbe mai più rivista con gli occhi aperti. E non avrebbe più visto muoversi la sua bocca. Lei non avrebbe mai più sorriso al suo arrivo. «In un certo senso è ancora con me», si disse. «L’alternativa sarebbe il nulla.»” – Philip Dick – Ubik, 1969

Nel romanzo di Ubik, Glen Runciter è solito fare visita alla moglie deceduta da tempo. Il suo corpo è stato collocato all’interno di una bara criogenica che ne mantiene viva la mente e le conferisce una limitata capacità di comunicare col mondo. Ella, la moglie di Glen, è in una condizione che prende il nome di half-life, semi-vita.

L’half-life a cavallo tra la vita e la morte

L’half-life a cavallo tra la vita e la morte, è una condizione dell’esistenza in cui il corpo della persona è morto ma le funzioni mentali sono mantenute integre grazie alla tecnologia.

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Metafora della vita futura, l’half-life è un costrutto letterario che sembra anticipare concetti molto recenti come l’idea che possa esistere un metaverso dove trasferire la propria esistenza e vivere in eterno. In realtà è molto di più. 

Nel romanzo, l’half-life non rappresenta una fuga volontaria nel virtuale quanto una sorta di coazione benigna per la quale la morte va sconfitta o almeno rimandata quanto più possibile in favore di chi rimane, per colmare la sua personale incapacità di elaborarne il lutto.

La capacità di Ella di comunicare dal suo stato di semi-vita può essere attivata e disattivata a piacimento dal marito, consapevole che ad ogni suo “risveglio” la mente della moglie si sarebbe avvicinata un passo alla volta verso la fine della sua esistenza. 

Ella è diventata così nient’altro che un prodotto a consumo. Inconsapevolmente Ella esiste nel suo stato di semi-vita al solo scopo di continuare a supportare il marito incapace di separarsi da lei.

Il concetto di half-life decreta la fine della dicotomia vita-morte ma anticipa la disintegrazione di altre dicotomie più vicine a noi come analogico-digitale, reale-virtuale, online-offline spesso definite su concetti che nel 1969 non esistevano ancora.

Le nuove frontiere della mercificazione

Per Philip Dick non è possibile contrapporsi ad una società capitalistica che colloca l’uomo sempre più ai margini della vita reale e sempre più all’interno di un contesto mentale egomaniacale che, sotto costante stimolazione dei servizi di intrattenimento, lo gratifica artificialmente e lo condanna ad un half-life.

Il fatto che nel 1969 non esistesse Internet ed i computer non fossero ancora entrati nelle case degli americani ci fa ritenere che la forma di esistenza che descriviamo col neologismo onlife non sia affatto il risultato dell’innovazione tecnologica, di Internet e della nascita del metaverso.

L’evoluzione della infosfera, la sua accessibilità, la produzione di dispositivi di comunicazione di massa sempre più sofisticati ed economici non sono i veri motivi della trasposizione della vita fisica in vita onlife. Sono piuttosto la conseguenza di scelte economiche che hanno plasmato l’attuale versione di Internet, capitalisticamente incentrata sui prodotti digitali, sui metaversi e sui servizi che li commercializzano.

In un’interessante ricerca dal titolo “Shattered Realities: A Baudrillardian Reading of Philip K. Dick‟s Ubik” gli autori scrivono: “Sebbene i personaggi siano alla ricerca della realtà e di un significato trascendentale che gli faccia mantenere la propria identità, non riescono a raggiungere ciò che cercano e non sanno se stanno subendo il reale o una simulazione. Così, bramano di fissare la realtà e le loro identità attraverso il mercato.”

Conclusioni

In una società fatta di persone abituate ad avere a che fare con sistemi dal valore transitorio è certamente più facile imporre modelli di mercificazione con cui si possa fare a meno della proprietà degli strumenti fisici. Se tutto diventa transitorio e talora precario nel suo funzionamento, si riducono le certezze ed il mondo stesso in cui viviamo perde il suo valore di punto di riferimento.

Internet non è solo onlife, Internet è il motore della trasformazione delle nostre esistenze in half-life come profetizzato da Philip Dick e da lui descritto nei minimi particolari.

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Articolo di Gianfranco Fedele

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