“Per uno che non ha mai significato nulla per questo mondo, ho improvvisamente difficoltà a lasciarlo. Dicono che ogni parte del corpo sia stata parte di una stella. Forse non sto partendo, forse sto tornando a casa.” – Gattaca, la porta dell’universo – Andrew Niccol – 1997

In un futuro molto prossimo ed assolutamente verosimile, le famiglie di Gattaca selezionano il patrimonio genetico dei propri figli determinandone aspetto, carattere e speranza di vita. E se nel mondo ci sono coppie ancora determinate a concepire figli senza ricorrere ad alcuna manipolazione genetica, il frutto del loro amore è destinato a vivere ai margini della società, considerato inferiore e etichettato come “non valido”.

In Gattaca, luogo di fantasia dell’omonimo film di Andrew Niccol, il patrimonio genetico di ogni soggetto ne determina la fortuna o il fallimento. Questo perché a Gattaca le aziende selezionano i migliori dipendenti sulla base delle possibilità di successo offerte dai loro cromosomi mentre destinano il resto della popolazione ai lavori più umili e sottopagati.

Il paracadute della Gig economy

Il cinismo con cui l’economia di Gattaca taglia fuori dal mercato del lavoro le persone “geneticamente” più deboli è una metafora che non ha bisogno di una connotazione storica: da sempre esistono intere categorie di persone escluse dal mercato del lavoro e le politiche di inserimento si rivelano spesso inconcludenti.

Proprio in questo contesto di esclusione, nel mondo reale, s’inseriscono le multinazionali della Gig economy, aziende in grado di costruire offerte di lavoro aperte ad una platea di soggetti a cui il mercato non offre altre opportunità.

Le imprese della Gig economy mirano al contenimento dei costi tramite una strategia che rientra a pieno titolo nel paradigma del “No human in the loop”: ovvero operano attraverso piattaforme digitali completamente automatiche che si sostituiscono ai ruoli tradizionalmente ricoperti dai reparti di contabilità, risorse umane e amministrazione. Queste piattaforme raccolgono la disponibilità dei lavoratori a ricoprire il ruolo di rider, di driver, di psicologo o di qualsiasi altro lavoro a chiamata e li incrocia con le richieste provenienti dagli utenti, il tutto senza alcuna intermediazione umana.

La spersonalizzazione della persona

Abbassando le aspettative sui lavoratori si abbassano però anche i salari e le garanzie: se da un lato la Gig economy offre un lista di opportunità insperate per una schiera di lavoratori che non riescono ad inserirsi nel ciclo produttivo del paese, essa altresì impone un controllo della qualità del lavoro basato su rating automatici spesso opachi e senza appello.

La Gig economy non è l’unico ambito “opaco” del mondo dei servizi caratterizzati da un alto livello di automazione: ad esempio, nel mercato del credito si stanno affermando sistemi basati su Intelligenze Artificiali in grado di effettuare valutazioni del rischio molto accurate e spesso trasversali rispetto agli indicatori tradizionali. Un utente che intende accedere al credito, il cui profilo non evidenzia alcuna sbavatura, può essere segnalato da un algoritmo di AI come potenziale insolvente senza che possa essere fornita una spiegazione logica.

Ciò accade perché l’introduzione di livelli di automazione non sempre serve solo ad efficientare i processi; esso talora ha come obiettivo quello di escludere l’umano dai processi decisionali.

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Ogniqualvolta una banca si rifiuta di concedere un prestito o un mutuo, il suo personale non è in grado di dare alcuna spiegazione. L’operatore è così privato di ogni importanza mentre l’utente finale, che subisce le decisioni del sistema, non è considerato degno di alcuna spiegazione. Operatore ed utente sono destinati a palleggiarsi una richiesta di informazioni che rimarrà fine a sé stessa senza portare ad alcun soddisfacimento.

“Come altri nella mia situazione cercai di lavorare dove potevo. Devo aver pulito la metà dei bagni di tutta la nazione. La discriminazione non dipende più dalla posizione economica o dalla razza. La discriminazione adesso è una scienza.” – da “Gattaca, la porta dell’universo” di Andrew Niccol – 1997

Gattaca descrive bene lo spaesamento del lavoratore sottoposto a regole di cui non comprende il significato.

Nelle aziende della Gig economy i lavoratori vengono assunti, remunerati, valutati e licenziati in maniera completamente automatica da una piattaforma informatica che misura la produttività in base ad un’analisi algoritmica: una formula che mette insieme la rapidità con cui il lavoratore svolge il proprio lavoro, il livello di gradimento dei clienti con cui si relazione ed altre variabili che non è dato conoscere. Il tutto avviene rapidamente e bene, sempre nel rispetto delle condizioni contrattuali e in adempienza delle vigenti norme di Legge.

Licenziamenti post mortem

Sebastian Galassi, giovane ventiseienne impegnato nel lavoro di rider di Glovo a Firenze, è morto il 2 ottobre, mentre svolgeva regolarmente il suo lavoro. Sebastian aveva 26 anni e lavorava per mantenersi gli studi.

A 24 ore dalla morte, a Sebastian è stata recapitata una email automatica dall’azienda di delivery con cui gli veniva comunicato il licenziamento per il mancato rispetto delle condizioni contrattuali.

Nessuno operatore umano della piattaforma di Glovo aveva ritenuto di dover registrare la morte del raider o quantomeno la sua fuoriuscita dal progetto. Dopotutto la piattaforma ha raggiunto una tale autonomia da non richiedere alcun intervento per funzionare al meglio. E per quanto possa apparire umanamente assurdo, ciò che è accaduto è assolutamente normale: si adotta l’automazione per aumentare la produttività e poco importa se rimangono fuori valori considerati superflui sotto il profilo della profittabilità.

Empatia, solidarietà e rispetto non afferiscono alla sfera dell’efficienza.

Articolo di Gianfranco Fedele

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