La quarta dimensione dell’AI

«I sentimenti che provi sono naturali, umani. Mentre quella macchina non prova nulla per te. Non può.» – dal film “I Am Mother” del 2019 diretto da Grant Sputore.
In un futuro post-apocalittico, un massiccio conflitto nucleare ha spinto l’umanità all’autodistruzione, danneggiando gravemente l’ambiente e rendendo la Terra un posto inabitabile per qualsiasi sopravvissuto.
Ad un passo dall’estinzione dell’umanità, la sola speranza di ripopolare il pianeta è riposta in un progetto di rinascita della specie. Ospitato all’interno di un bunker sotterraneo, il progetto è gestito da un robot umanoide dotato di una avanzata tecnologia di intelligenza artificiale: ad esso è stato affidato il compito di “coltivare” in provetta gli esseri umani che ripopoleranno la Terra.
A condividere col robot solitudine, emozioni e speranza c’è una giovane donna il cui ruolo nel il progetto appare fondamentale: sarà lei la progenitrice delle generazioni di esseri umani che verranno.
Il rapporto tra il robot, che la ragazza chiama “Madre”, e la giovane donna, alla quale il robot si rivolge chiamandola “Figlia”, è un rapporto profondo fatto di fiducia reciproca e mutua assistenza. Ma questo equilibrio si spezzerà quando nuovi ed inaspettati incontri porteranno alla luce le numerose menzogne con cui il robot sembra aver manipolato la ragazza e faranno accendere nel cuore della giovane la speranza di non essere l’unica superstite sul pianeta.
Sarà il robot in grado di convincere la ragazza della veridicità delle sue parole e della bontà delle sue azioni? Sarà Madre capace di risolvere il conflitto con Figlia, ristabilire un contatto empatico con lei e riportare la sua attenzione sul progetto di rinascita?
Il potere delle AI
Abbiamo già ampiamente discusso dell’applicazione delle AI in ambito scientifico, come la medicina in cui sono capaci di effettuare analisi dei referti accurate e rivelatrici. Perché elementi quasi invisibili e che sembrano non avere nulla a che fare l’uno con l’altro, possono risultare connessi nell’ambito dei circuiti di una rete neurale artificiale e risultare fondamentali per una diagnosi.
Le AI sono straordinariamente capaci di individuare “pattern”, ovvero schemi ricorrenti, in numerosi comportamenti dell’uomo arrivando ad identificare espressioni, gesti e reazioni talmente impercettibili che nessun essere umano sarebbe in grado di vederli.
Questa caratteristica specifica delle AI trova bene applicazione nell’ambito dell’analisi del comportamento umano. Progetti sull’analisi della conversazione, della voce e delle espressioni del volto hanno messo in evidenza che esistono, nascosti tra le pieghe del nostro comportamento, elementi in grado ad esempio di classificare umore e stato d’animo.
La matematica delle emozioni
L’analisi cepstrale è stata originariamente inventata per classificare le onde sismiche connesse ai terremoti. L’idea alla base è quella di registrare le onde acustiche, filtrarle e classificarne matematicamente alcune caratteristiche.
Questo tipo di analisi, associato alle tecnologie AI, si è scoperto essere utile anche per l’analisi della musica: in questo articolo è descritto come mediante l’utilizzo dell’analisi cepstrale sia possibile istruire una rete neurale a stabilire a quale genere appartiene un brano musicale analizzandone la melodia.
Può sembrare banale, ma l’idea è certamente rivoluzionaria se vista dalla prospettiva di una “standardizzazione” dei generi musicali: immaginare che possa esistere un algoritmo in grado di stabilire, oltre l’opinione di qualsiasi esperto musicale, se un brano appartiene ad un genere o ad un altro, o se ne metta assieme più di uno, sottrae valore alla creatività umana.
L’applicazione più interessante, però, è certamente la classificazione delle emozioni applicata all’analisi della voce. Già nel 1980 l’analisi cepstrale si è dimostrata in grado di determinare la frequenza fondamentale del parlato, identificando e misurando l’energia che viene dalle corde vocali. Da allora le applicazioni in ambito scientifico si sono moltiplicate.
Il tono della voce è costantemente soggetto ad un caleidoscopio di emozioni di cui può essere più o meno coscienti. I coefficienti cepstrali sono un utile strumento per raccogliere e classificare alcune caratteristiche del suono della voce associando ad essa una scala di valori matematicamente rilevanti che ne classifichino alcune caratteristiche. Questi valori saranno poi dati in pasto ad una Intelligenza Artificiale in grado di associarle alle emozioni.
In questo studio mediante i coefficienti cepstrali si è istruita una AI affinché identificasse il genere di una persona, stabilendo se si tratta di un uomo o di una donna solo ascoltando la sua voce. In quest’altro studio si è istruita una AI perché fosse in grado di rilevarne le emozioni.
Sono in fase di sperimentazione alcune “macchine della verità” di nuova generazione in grado di capire al volo se un soggetto intervistato sta dicendo la verità o se sta mentendo.
Esistono infine studi che conferiscono alle AI la capacità di riconoscere alcune patologie che affliggono la sfera emotiva. In questo studio ad esempio attraverso una AI si è riusciti ad identificare disturbi dello spettro autistico nei bambini analizzando la loro voce nell’ambito di brevi conversazioni naturali.
Insomma, anche le emozioni umane possono, attraverso le AI, essere associate a dei numeri e ad una matematica che le rende scientificamente identificabili e misurabili. Le AI ci daranno presto la scala di misurazione delle emozioni umane, e per noi sarà normale definirci 46% felici, 22% ottimisti, 18% dubbiosi, ecc.
Conclusioni
La capacità delle AI di identificare pattern nei comportamenti delle persone va oltre la logica con cui misuriamo le nostre esperienze ed elaboriamo le nostre idee. Non possiamo limitarci a pensare che le AI possono dare una interpretazione alternativa alla nostra, dobbiamo altresì capire che le AI saranno presto in grado di guardare molto oltre ciò che siamo in grado di vedere noi.
E se le AI sono già capaci di individuare pattern nel comportamento delle persone che superano la nostra capacità di ragionamento logico, possiamo affermare che le AI potrebbero nel futuro diventare lo strumento con cui guardare al mondo ed alla natura umana da una prospettiva nuova e più profonda. Un “terzo occhio” in grado di evidenziare caratteristiche del piano della realtà che altrimenti rimarrebbero completamente invisibili, come nascoste in una quarta dimensione.
Ma l’applicazione di questo occhio contribuirà al miglioramento della società, o diventerà un nuovo strumento di manipolazione? Sarà al servizio delle relazioni umane o, nelle mani di pochi, diventerà un nuovo strumento di potere?
Articolo di Gianfranco Fedele