Critica (s)ragionata sull’innovazione

Mi spiace rompere le uova nel paniere, ma così a scanso di equivoci, proverei a considerare l’innovazione come un concetto politico, ancor prima di essere un concetto meramente tecnologico o culturale.
Per semplificare, diciamo che la sfera politica ha a che fare con la libertà e la sua misura:
- Maggiori sono le libertà garantite, più è naturale trovarsi di fronte ad un contesto democratico;
- Minore è la tutela della libertà, maggiore sarà la possibilità di trovarsi di fronte ad un contesto antidemocratico.
Se partissimo da questa assunzione, allora anche l’innovazione avrebbe a che fare con la libertà e la sua relazione ad alcune categorie.
Innovazione declinata su tempo, spazio, denaro, persone e proprietà
Per rendere più snello il ragionamento, accontentiamoci di 5 semplici, ma esaustive categorie: tempo, spazio, denaro, persone e proprietà.
Ne deriva quindi che un qualsiasi processo innovativo possa avere un impatto a livello sociale, quando in un dato contesto si hanno maggiori libertà a livello di:
- TEMPO: Libertà di poter scegliere di lavorare meno, per lavorare meglio (esempio: smart working)
- SPAZIO: Libertà di lavorare nell’ambiente (esempio: home working)
- DENARO: Libertà di poter scegliere come pagare (esempio: digital currency) o come investire o come fare cost saving.
- PERSONE: Libertà di scegliere con quali risorse lavorare (esempio: automazione di processi)
- PROPRIETÀ: Libertà di mettere in circolazione i propri beni per farne profitto (sharing economy)
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L’innovazione è antidemocratica?
Ora, uno scenario descritto così potrebbe far emergere un tema, quello della dicotomia tra inclusione ed esclusione, che guarda caso è anch’esso un tema politico. Chi è dentro al processo di inclusione gode di privilegi, di cui non gode chi è escluso da un qualsivoglia processo innovativo. – Allora l’innovazione è antidemocratica?
Allo stato attuale, l’innovazione in un contesto italiano è un fenomeno diffuso a macchia di leopardo, poco capillare e schizofrenico. Ci sono isole sparse, microsistemi, che non comunicano o tra di loro o con il resto delle terre attorno.
Promuovere bandi per l’erogazione di contribuiti per l’innovazione non fa dell’Italia un Paese innovativo. Quello è un premio di consolazione, per chi è destinato ad arrivare secondo, una caramella indorata nel miele per il bambino che fa i capricci, uno specchio per le allodole degno del più abile dei markettari.
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Se non c’è tensione, non c’è innovazione
Ora, quando ai convegni vari si parla di innovazione, abbiate la decenza di essere realistici e di mettervi una mano sulla coscienza. Lo dico ai guru dell’innovazione, che scrivono libri sulla innovazione, per diffondere la balla dell’innovazione, che genera falsi miti e un esercito di frustrati a lungo termine.
Per ritornare da dove sono partita, un prodotto dell’innovazione è una questione politica, non uno strumento della politica. Un processo innovativo è conflittuale e non accomodante.
Se non c’è una tensione tra le parti, non c’è innovazione.
Emanuela Goldoni
Digital Strategist | Content Strategist at Shoobedup
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